È un rosario fatto di mandorle e zucchero, noci e castagne secche, sacchi di yuta e pesi d’ottone. È un rosario da pregare con la lingua, tra dente e dente. La pre- ghiera si eleva e soddisfa il bisogno di andare incontro alla liturgia delle parole sgangherate, che vivono e rimbalzano da quelle mura come i versi di un qualche animale a scelta. Gli occhi si compiacciono e si rassicurano al tempo stesso nel vedere le posizioni assunte dai santi rossi. È un moto di gioia quello che sorprende della loro fissità di ardito gesso che a confron- to è cosa ben più sopportabile l’alzarsi e sedersi su panche moleste.
(F. Chiriatti)I personaggi di questo racconto, dai colori grotteschi, paradossali, improbabili pur nella loro veridicità, si muovono sulla scena in un percorso temporale che imita quello di una sgangherata liturgia. Parlano di una religione dai tratti “meridionali”, che profuma di mandarini sui presepi, che risuona di bolero nelle piazze dopo le sacre processioni, una religione di docili vecchiette rosario-munite ancora bardate in nero, il cui Dio, dopo la benedizione nel luogo imputato, le raggiunge tra le cose domestiche. C’è, nel loro mettere in danza le parole e il silenzio, una lingua del corpo in ostensione, una coreografia di passi, ora dolorosi, ora angelicati, giocata nella parodia di un bigottismo religioso e quotidiano che appartiene alla nostra cultura. C’è un universo sacro e profano, crudele e tenero, ironico e tragico nella liturgia di gesti, di genuflessioni sghembe, di posture scomo- de, di sgrammaticate maschere espressive che trasudano una goffaggine innocente. Nei dettagli di mani in preghiera alimentate da vorticosi e ipnotici roteamenti di bauschiana memoria; negli estatici fermo-immagine di bocche e occhi. Nelle liturgie di gambe e braccia assurte a Crocifissio- ne, e ad una barocca Deposizione, che rimandano a icone popolari. Ci sono suoni e voci di paese, di processioni di Madonne, di litanie e rosari profumati, di un Agnus Dei struggente sulle cui note la danza stordisce e ammalia. C’è il rumore della quiete mistica, e la sospensione del miracolo pregato; c’è l’isteria dei muscoli contratti e delle schiene scoperte, e infine dei due corpi esposti a denudamenti, che rivelano la vuotezza di una pra- tica religiosa sterile. C’è in tutto questo, infine, un senso d’attesa perenne, incolmabile, in quella terra desolata, eppure abitata di visioni, dell’anima bisognosa di spiritualità. (Giuseppe Distefano)
progetto e coreografia / project and choreography Stefano Mazzotta | a partire da un progetto coreografico di / based on a choreographic project by Stefano Mazzotta, Emanuele Sciannamea | con / with Chiara Guglielmi, Stefano Mazzotta | drammaturgia / dramaturgy Fabio Chiriatti | musiche, luci, costumi e scene / music, costumes and scenes Stefano Mazzotta | produzione / production Zerogrammi | coproduzione / corpoduction Festival Oriente Occidente (It), La Piattaforma (It) | con il sostegno di / with the support of Regione Piemonte, MIC_Ministero della cultura | un ringraziamento a / thanks to Dimora Coreografica (It)
Première & coproduction FESTIVAL ORIENTE OCCIDENTE 2009
Prize Best Creation APULIARTE FESTIVAL 2012
(...) En travesti, con sottovesti nere, polpacci maschili ben visibili, veli in testa, borsette di cartone piene zeppe di ceri rossi e ampolle di vino tentatrici,i due esilaranti e diversissimi performer tralasciano gli accessori di un’irriverenza dolcemente innocente e mai blasfema, in una energica danza di genuflessioni, gesti votivi, mani giunte, anche avvinte in un corpo a corpo drammatico. E giungono nudi alla leggerezza purificata del loro Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum.
Marinella Guatterini, Il Sole 24 Ore
(...) Definitely one of this Singapore Festival’s top shows!
Y. Sheng, The Flying inkpot
(...) Due interpreti che mostrano al pubblico la loro eleganza, la loro armonia e la loro ironia in uno spettacolo che dal 2008 non ha smesso di arricchirsi attraverso l’Italia.
D. Jaccod, La Stampa
(...) Inri is a celebration – never ever disrespectful – of the power of believing.
N. Koh, The Business Times
(...) Inri è uno spaccato di vita che, pur nella sua stilizzazione e nell’uso essenziale, quasi astratto, di simboli e momenti topici, si consegna nelle mani dello spettatore in modo sorprendentemente diretto e complice, affidandosi non solo alla forza espressiva di situazioni e figure caricaturali ma anche alla verità intrinseca che ognuna di esse custodisce.
A. Giuliani, Nucleo Artzine


