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LA SPOSA BLU attraverso lo sguardo critico di Walter Porcedda

Aggiornamento: 5 lug




28 Settembre 2022


Il teatrante e la marionetta. C’è una profonda e invisibile relazione che lega quelle figure artigianalmente costruite dall’uomo a propria immagine e somiglianza e chi entra in contatto con loro in un palcoscenico. Nelle opere più riuscite _ dove si assiste ad un incontro alla pari _ si percepisce tra i due il passaggio di energia, un flusso magnetico che trasfigurando la marionetta colloca entrambi su uno stesso piano. Non è solo un fatto visivo ma anche emozionale. Profondamente teatrale. Se per questo si intende l’arte di evocare storie, sperimentare spostamenti di realtà rimescolando carte e sovvertendo status quo. È quanto accade in “La Sposa Blu” spettacolo della danzatrice e attrice Silvia Battaglio, prodotto da Zerogrammi visto nei giorni scorsi al teatro Massimo di Cagliari, nell’ambito della rassegna “Circo in Villa” organizzato dal Cedac.

(...)

"Sono passi leggeri, veloci, movenze quasi impalpabili, dal gesto minimo e regale. Una coreografia che costruisce figure di commovente teatralità. Riecheggia il motivo d’antan di Patachou 'Domino' (...) Un gesto materno, una carezza tenendo la marionetta sul proprio grembo come una Pietas blasfema e profana del nostro tempo che ha conosciuto la ferocia della guerra, la fuga da mondi in fiamme. Ecco il miracolo che Battaglio, tra danza e uso teatrale delle splendide marionette, compie: queste iniziano a muoversi come la sposa, riacquistando, donne vilipese, donne violate, donne messe all’angolo, il movimento, la gestualità di chi reclama con urgenza il ritorno alla vita" (Walter Porcedda | Gli Stati Generali)





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