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A “Dance out” le lezioni con Stefano Mazzotta: «Alla base c’è la tecnica»

Aggiornamento: 28 gen 2021



di Elisabetta Ceron | IL MESSAGGERO VENETO


Apre la sezione “Dance out”, Stefano Mazzotta, interprete, coreografo e regista, fondatore del collettivo torinese Zerogrammi, uno dei docenti del corso di Alta formazione i cui esiti confluiscono nel progetto firmato Arearea, da gennaio a giugno nella sede della compagnia. Personalità poliedrica e presenza teatralmente forte della scena contemporanea, Mazzotta ha fatto di “urgenza e necessità” le parole chiave della sua ricerca incline all’esplorazione in ambiti e linguaggi trasversali.

Come orientarsi nel vasto mercato della formazione contemporanea?

«Mi sembra ci sia un’ampia scelta sia in termini estetici che stilistici; qui il lavoro di Arearea si colloca in una posizione molto chiara attinente alla poetica di questa storica realtà che affonda la sua ricerca nel teatrodanza e offre ai giovani l’opportunità di incontrare proposte artistiche che non solo affrontano il tema della forma ma anche e soprattutto quelle del contenuto spesso sfuggente in ambito danza contemporanea».

Cosa la colpisce degli aspiranti professionisti e in questo caso dei friulani?

«Mi affascina la “presenza”, quella luce nel volto di chi sa perché si sta muovendo e cerco di coltivarla, per questo mi capita di lavorare con interpreti che sono “ibridi” in quanto hanno approcciato altre discipline oltre la danza. Sovente questo traspare dagli occhi e dalle mani, due parti del corpo che al netto delle nostre capacità tecniche sono le più importanti nella comunicazione».

Come mai tanti attori oggi virano alla danza?

«Perché il corpo è la parte di noi più comunicativa e il teatro oramai si è un po’ sciolto dai vecchi stilemi classici della prosa e della voce per scoprire che quest’ultima arriva dal corpo e contribuisce al contatto con l’altro. Sentiamo che nel corpo c’è una grande potenzialità e molti attori attraversano quel tipo di formazione; poi la danza è à la page, ovvero un passetto più avanti rispetto al teatro, più attenta a certe correnti contemporanee».

In un sistema in cui ciascuno fa da sé quale ruolo ha il maestro?

«Abbiamo bisogno di una bussola, di qualcuno che ci indirizzi non per fornirci dei dettami ma delle possibilità, cioè come muoversi dentro questo sistema che è sempre più pieno di estetiche e per ricordarci che alla base di tutto questo c’è la tecnica».





ph. Benedetta Folena

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